lunedì 23 novembre 2009

CALCIO



A cura del Prof. Mario Testi
Testo del Prof. Edo Patregnani,
allenatore federale FIGC,
ex giocatore di serie A.

Un po' di storia

Sport d'origine antichissima, il calcio si fa derivare dal termine cinese Tsu-Chu (palla spinta con il piede), praticato moltissimi secoli a.C., si giocava con un involucro di cuoio contenente una vescica d'animale gonfiata.
Giochi analoghi erano già diffusi a Roma presso i legionari nel IV secolo a.C.
Verso la fine del XIV secolo nacque il Calcio Fiorentino che presentava analogie con il rugby e il calcio d'oggi.
In Inghilterra, nel XVIII secolo, prese forma il Dribbling Game già più simile al calcio moderno anche se permetteva ancora l'uso delle mani. Più tardi, a metà dell'ottocento, il gioco si diffuse con il nome di Football, con il primo codice di regolamento.
L'atto di nascita ufficiale del calcio si fa risalire al 23 ottobre 186 3 quando in una "taverna" in Great Queen Street a Londra, fu costituita l'English Football Association, mentre la prima società calcistica sorta è del 1857, lo Sheffield Club. Nel 1872 si disputa il primo incontro internazionale: Inghilterra-Scozia.
L'International Football Association Board è eletta nel 1876 per sovrintendere alle modifiche del regolamento: nel 1890 nasce la figura dell'arbitro giudice unico.
Nel maggio del 1904 nasce la F.I.F.A. (Fédération Internationale de Football Association) alla quale a tutt'oggi sono affiliate le Federazioni calcistiche.
In Italia il calcio giunse intorno al 1887. Nel 1898 si costituì la Federazione Italiana Football trasformatasi in seguito in Federazione Italiana Gioco Calcio (F.I.G.C.).
Nello stesso anno si effettua il primo Campionato Italiano disputato tutto in un giorno e vinto dal Genoa.
Con la denominazione di "Cricket and Football Club Genoa" la squadra ligure è la più anziana società di calcio italiana. Nel 1910 nasce la squadra Nazionale italiana che esordisce all'Arena di Milano battendo la Francia per 6 a 2. Le prime maglie erano di colore bianco, solo in seguito furono mutate in "azzurro".
I primi campionati si disputarono con la formula a "gironi" e incontro di "finale". Solamente dal 1929-30 il Campionato si svolse a "girone unico" tranne una brevissima parentesi nel 1945-46 con due campionati in contemporanea (Alta Italia e Centro-Sud) e girone finale vinto dal Torino. Il primo Campionato del Mondo (Coppa Jules Rimet) si svolse nel 1930 a Montevideo con la vittoria dell'Uruguay sull'Argentina (l'Italia, unica volta, non si era iscritta).
Oggi i Campionati Mondiali si effettuano ogni quattro anni, con gironi eliminatori nei vari Continenti e gare di finale in un unico Paese organizzatore.
Queste le Nazioni Campioni del Mondo: URUGUAY (1930 e 1950); ITALIA (1934, 1938 e 1982);GERMANIA (1954,1974 e 1990); BRASILE (1958, 1962, 1970 e 1994); INGHILTERRA (1966);ARGENTINA (1978 e 1986); FRANCIA (1998).

Caratteristiche di base del gioco

L'obiettivo fondamentale del gioco è di segnare più goal possibili da parte d'ogni squadra. Il goal è attribuito quando il pallone supera la linea di porta o finisce in rete.
Il calcio si gioca in un campo rettangolare, possibilmente erboso, con "misure minime" corrispondenti a m. 90x45; normalmente però le misure sono maggiori, comprese tra m. 105/110 in lunghezza e m. 65/70 in larghezza, con due porte agli estremi.
Le porte, al centro delle linee di fondo, sono alte 2,44 m., larghe 7,32 m. delimitate da due pali verticali e da una traversa orizzontale, tutti con sezione ellittica o circolare.
Il centrocampo è segnato con un punto visibile dove si effettua il calcio d'inizio gara e la ripresa del gioco dopo una rete. Da ogni palo della porta per m. 16,50 si delinea un'area chiamata di rigore che si allarga per m. 40,32 a formare un rettangolo entro il quale, per ogni fallo grave sancito dall'arbitro contro la squadra che si difende, da un dischetto centrale posto a m. 11 dalla porta, è battuto il "rigore". Nell'area suddetta solo il portiere può toccare la palla con le mani.
La palla, una volta di cuoio a colore naturale, ora è di materiale sintetico-elastico di colore prevalentemente bianco. Deve avere un diametro compreso tra 68/71 cm. con peso pari a 369/453 grammi e non può essere sostituita durante il gioco, senza autorizzazione.
Ogni squadra, prima dell'inizio della gara, deve presentare all'arbitro una "distinta" contenente gli estremi anagrafici di 18 giocatori, 11 dei quali inizieranno la gara mentre gli altri siederanno in "panchina" sistemata a bordo campo. Secondo le regole attuali dettate dalla Federazione Internazionale, 3 giocatori (detti "di riserva") possono in qualunque momento sostituire un compagno in campo purché lo stesso non sia stato espulso dal giudice di gara.
L'arbitro, è coadiuvato da due "guardalinee" posti sulle linee laterali del campo, con il compito principale di segnalare, con una bandierina, la fuoriuscita del pallone dai limiti del rettangolo di gioco e il "fuorigioco" (fase irregolare nelle quale un giocatore, che viene in possesso della palla, non ha fra se e la linea di fondo campo almeno due avversari, portiere compreso), altri falli. Ogni gara ufficiale è disputata su due tempi di 45' con un intervallo di 15'. A discrezione dell'arbitro, dopo i tempi regolamentari, possono essere concessi alcuni minuti aggiuntivi di gioco detti di "recupero".


Fisiologia

La valutazione funzionale del calciatore ha significato pratico quando si rapporta con le richieste energetiche indotte dalla pratica della disciplina. E' necessario pertanto, in primis, considerare le modalità d'utilizzazione energetica richiesta dal gioco del calcio.
Per molti anni le analisi sul gioco si sono basate esclusivamente su osservazioni empiriche e i dati ricavati sono risultati di scarsa oggettività; quindi dati poco affidabili e scarsamente utili. Dalla seconda metà degli anni '70 l'introduzione, nella ricerca sportiva, delle tecnologie informatiche ha consentito analisi statistiche più attendibili riferite alla quantità e qualità di lavoro svolto durante la gara. Riportiamo la percorrenza "media" di un calciatore durante una gara secondo alcuni Autori: m. 10.110 (Whitehead, 1975); m. 11.195 (Withers et al., 1982); m.9.790 (Winkler, 1983); m.10.000 (Ekblom, 1986).
Risulta con evidenza che la media si aggira intorno ai 10.000 metri e rappresenta un primo parametro di riferimento sulla valutazione dello sforzo fisico sostenuto dall'atleta. Questo dato acquista significato se abbinato ad ulteriori aspetti come: il livello tecnico delle squadre considerate e, soprattutto, il "tipo" di lavoro realmente eseguito (cammino, corsa lenta, veloce, scatto ecc.).
Il calcio, come tutti i giochi sportivi, è caratterizzato da movimenti di tipo "intermittente", cioè compiuti a varie velocità intercalate da pause più o meno prolungate e abbinate a tutta una serie di atti motori specifici (salti, corse all'indietro, dribbling, tiri, ecc.). In fisiologia applicata allo sport è classificato come un'attività con caratteristiche aerobiche-anaerobiche "alternate". Questo deriva dal fatto che il gioco richiede, nei 90 minuti, una continua alternanza d'impegni metabolici (aerobici, anaerobici alattacidi e lattacidi), l'applicazione di vari tipi di forza e complesse capacità coordinative specifiche.
Un'analisi attendibile effettuata nel 1982 da Withers a altri Autori evidenzia che su un totale di 11.520 metri percorsi, il 37% sono coperti camminando (gli attaccanti in misura maggiore), il 44% in corsa leggera (più metri nei centrocampisti), il 13% ad elevata velocità (maggiormente i terzini), il 6% di scatto (in numero più elevato nei terzini, ridotto nei centrocampisti).

Metabolismo Aerobico
In passato si affermava che le richieste energetiche di derivazione aerobica fossero elevatissime (cioè capacità di utilizzo dell'ossigeno con efficiente apparato cardio-vascolare e respiratorio); i dati riportati da Withers e Altri (dal prof. C. Bosco ad esempio) confermano valori inferiori e si attestano sull'impiego dal massimo consumo di ossigeno (il WO2 max.) compreso tra 70-80% (Ekblom, 1986). I dati riportati indicano che il WO2 max. nei calciatori, oltre certi valori, riveste importanza, ma non rappresenta un fattore limitante la prestazione. Nella letteratura accreditata si tende a fissare il massimo consumo attorno a 60 millilitri/minuto per Kg, valore molto inferiore a quello riferito ai praticanti gare di fondo (atletica e sci ad esempio), dove dati elevati assumono importanza fondamentale ai fini prestativi. E' quindi confermato che esplosività e velocità alternandosi con frequenza in partita, richiedano una resistenza cosiddetta "breve" piuttosto che specifiche doti di "endurance".

Metabolismo Anaerobico
E' evidente che la fondamentale caratteristica del calcio risiede principalmente in un'attività intermittente ad alta intensità. Questa necessita di un approvvigionamento energetico di tipo anaerobico, mediante l'utilizzo di composti fosforici ad alta energia nelle espressioni "esplosive" (metabolismo "alattacido") oppure, nell'esercizio massimale prolungato, mediante l'impiego immediato del glicogeno muscolare in prevalente assenza di ossigeno (metabolismo "lattacido").

UTILIZZO LATTACIDO
Dati relativamente recenti (Doufour, 1990) che considerano il gioco effettivo pari a 60 minuti e la distanza corsa pari a 10 Km, di cui 7 Km di corsa e 3 Km di marcia, dimostrano che il 14% di questi sono effettuati ad altissima intensità con un progressivo accumulo di "acido lattico". Sottolineiamo che la concentrazione di lattato nel sangue è normalmente usata come indicatore della produzione d'energia d'origine lattacida. Partendo dall'assunto che l'acido lattico è prodotto a ritmo elevato durante l'esercizio intenso, ne deriva che la sua metabolizzazione risulterà tanto maggiore quanto più elevato sarà il "ritmo" di gara; ritmo che deriva dal rapporto tra l'intensità, il numero delle azioni di gioco e il tipo di pausa intercorrente tra le singole sollecitazioni. A supportare il fatto che il metabolismo lattacido è notevolmente sollecitato, esistono studi che attestano il valore di lattato in gara, fra 8 e 12 millimoli/litro (Agnevik, 1970 - Ekblom, 1986).

UTILIZZO ALATTACIDO
Rappresenta una delle caratteristiche fondamentali del calciatore ed è una qualità di primaria importanza in quanto permette, in forma ottimale, l'esecuzione di gesti altamente "specifici" quali:

  • scatti con altissime capacità accelerative
  • decelerazioni e arresti anche bruschi
  • cambi di direzione sia in fase accelerativa sia in quella lanciata
  • salti per il colpo di testa o intercettazione della palla
  • calci da fermo o nelle diverse fasi di corsa
  • controllo della palla in movimento.

La varietà delle azioni descritte chiarifica il perché, anche un gesto ritmico come la corsa, assume nel calciatore caratteristiche diverse da quelle proprie dell'atletica leggera . La tecnica di corsa con la palla, ad esempio, differisce da quella circolare classica dello sprinter; il ginocchio non avanza molto, consentendo al baricentro di mantenersi basso mentre diminuisce la fase di volo tra i due appoggi successivi. Quindi si ha nel calciatore una corsa a passi brevi e radenti che gli consente un più veloce cambio d'andatura e di direzione. Si giustifica, quindi, l'utilizzo di una tecnica che penalizza la velocità assoluta in favore di un maggior equilibrio negli spostamenti. Ovviamente anche la capacità di reclutamento neuromuscolare, gioca un ruolo fondamentale in tutta la gestualità del giocatore di calcio.

Evoluzione tecnico-tattica

Lo sviluppo del gioco, inizialmente, fu dominato dagli inglesi i quali rimasero depositari della migliore tecnica ed organizzazione per molti anni. In origine il calcio appariva di una semplicità estrema, con le squadre disposte in campo per assolvere compiti precisi: metà squadra a difendere e metà in avanti ad attaccare. Nel primo dopoguerra il calcio divenne sempre più popolare, si affermò nei paesi danubiani (Austria, Ungheria, Cecoslovacchia) e nel Sud America (Uruguay e Argentina principalmente) con concetti tattici differenti: più orientata all'organizzazione del gioco, la scuola europea, più improntata all'impostazione tecnica e abilità individuale, quella sudamericana. Nel periodo compreso tra le due guerre, la disposizione in campo si fece, gradualmente, più equilibrata con i "maestri inglesi" sempre all'avanguardia nel proporre tendenze tattiche. La prima organizzazione di gioco, universalmente riconosciuta in Europa, prese il nome di "metodo" (sino ai primi anni '40) e consisteva in una disposizione dei giocatori in campo su tre linee orizzontali: due terzini in difesa, tre mediani con il centrale che fungeva da "organizzatore" di gioco, cinque attaccanti con compiti prevalentemente offensivi. Intanto, qualche anno prima del secondo conflitto mondiale, il tecnico di una squadra inglese (l'Arsenal F.C.) modificò la disposizione suggerita dal "metodo" con un'elaborazione più razionale; Il nuovo schieramento, che progressivamente sostituì il precedente, prese il nome di "NUOVO SISTEMA" o "WM". Le due lettere (M e W) poste una sull'altra evidenziavano la disposizione in campo: 3 difensori in linea sugli attaccanti avversari, 2 mediani disposti più avanti, 2 mezz'ali ed infine 3 attaccanti. Con il "sistema" la zona centrale del campo era occupata dal famoso "quadrilatero" disposto su due linee con compiti prevalentemente organizzativi. Nel 1958, in Svezia, il Brasile si laureava Campione del Mondo mostrando all'Europa un'organizzazione tattica formata da quattro difensori in linea, due mediani disposti più avanti e quattro attaccanti, vale a dire il 4-2-4. Uno schema più "elastico" che consentiva lo scambio delle posizioni in campo, facendo risaltare le capacità realizzative, l'universalità e le abilità tecniche dei giocatori "carioca". Questa disposizione, che pretende giocatori più "universali", fu modificata e resa famosa dai successi della nazionale olandese negli anni '60/'70 trasformandosi in 4-4-2. Il calcio italiano, più restio a mutamenti tattici repentini, restò per anni fedele al "modello" WM modificandolo in parte, per esigenze tattiche difensive, alla fine degli anni '50 e primi anni '60, retrocedendo un mediano dietro la linea dei tre difensori "libero" da marcature fisse e arretrando un attaccante esterno a supporto del centrocampo. Attualmente la disposizione tattica più diffusa rimane il 4-4-2, soprattutto in Inghilterra e Brasile, mentre nel resto d'Europa i Club all'avanguardia mutano la disposizione da un anno all'altro secondo le convenzioni tattiche degli allenatori, anch'essi ormai, propensi a rapportare la distribuzione dei giocatori in campo più alle caratteristiche fisico-tecniche degli stessi che alle "mode" tattiche del momento. Per tale varietà d'interpretazione organizzativa le squadre utilizzano, ormai, tante varianti: 3-5-2, 5-3-2, 4-3-3, 4-3-1-2, ecc. L'abbandono del marcamento "a uomo", la distribuzione corta delle squadre con la conseguente tattica del "fuorigioco" ha ridotto gli spazi rendendo più problematica l'azione dei calciatori "tecnici", più veloci le azioni di gioco, più mirata la preparazione fisica delle squadre.

L'allenamento

Nella pratica, l'allenamento si manifesta come una ripetizione sistematica e razionale di particolari movimenti, con l'obiettivo di ottenere un miglioramento della prestazione. Tale aumento prestativo, si ottiene attraverso l'"adattamento" dell'organismo a determinate forme di lavoro e si rende concreto per mezzo di mutamenti relativi a strutture e funzioni dei vari organi ed apparati del corpo. L'allenamento si sviluppa con una successione "ritmica" di sedute; una serie d'esercitazioni opportunamente scelte e collegate tra loro da effettuarsi secondo una determinata "quantità" e "intensità" di lavoro. L'elemento, importantissimo, che caratterizza la seduta d'allenamento è la scelta delle esercitazioni che potranno essere di tipo "tecnico-tattico" (lavoro sulla tecnica o combinazioni di gioco), di tipo "organico" (utilizzo prevalente della corsa), di tipo "muscolare" (lavoro mirato su particolari settori muscolari), di tipo "misto" (sfruttamento equilibrato d'esercitazioni con finalità diverse):

Allenamento Tecnico - tattico
Rappresenta il complesso delle abilità necessarie per trattare la palla, arrestarla, calciarla, condurla in velocità in modo da poter effettuare gli schemi di gioco previsti. Il miglioramento di tali abilità è possibile attraverso l'utilizzo metodico e costante d'esercitazioni specifiche. Il periodo compreso tra 8 e 10 anni d'età è la fase considerata temporalmente "sensibile" entro la quale risulta fondamentale l'apprendimento e il perfezionamento delle abilità tecniche, soprattutto attraverso il "gioco" che rappresenta un mezzo più vicino alle caratteristiche psicologiche del fanciullo. Il procedimento addestrativo può seguire una via "analitica" attraverso la ripetizione sistematica di movimenti tecnici di base, con la palla in forma individuale. In contrapposizione si utilizza il metodo "globale", rappresentato da un collegamento continuo tra gli elementi tecnici e le situazioni di gioco analoghe a quelle di gara. Ci si riferisce ad esercitazioni che sfruttano spazi di gioco ridotti contrapponendo gruppi di giocatori (2 contro 2, 4 contro 4, attaccanti contro difensori, ecc.), per il miglioramento delle abilità tecniche in situazioni specifiche. Queste possono consentire una velocità di gioco superiore a quella di gara, a causa della continua ripetizione dei fondamentali tecnici a ritmi esecutivi elevatissimi. La contrapposizione dei "reparti", l'attacco contro la difesa ad esempio, consente esercitazioni "a tema", così definite perché la disposizione e i movimenti preordinati dei giocatori permettono, sia la ripetizione continua dei concetti organizzativi impartiti dall'allenatore, sia l'apprendimento sistematico dei movimenti da opporre alle caratteristiche tecnico-tattiche dell'avversario di turno.

Allenamento Fisico

Forza: rappresenta la capacità che possiede il muscolo di sviluppare tensioni capaci di vincere o opporsi ad una resistenza esterna. Un adeguato programma di esercizi di muscolazione si rende necessario per il calciatore in quanto il gioco implica varie prestazioni di forza. L'atto del calciare, scattare, saltare, contrastare l'avversario, sono tutte manifestazioni di forza ed in particolare di forza "veloce-esplosiva".

Velocità: questa, più che una qualità elementare di base, è considerata una qualità "derivata" perché è determinata dall'applicazione di una forza, capace di modificare lo stato di quiete o di moto del corpo dell'atleta. I mezzi d'allenamento debbono orientarsi, in prevalenza, verso lo sviluppo delle capacità d'accelerazione. Infatti il calciatore ha poche occasioni di lanciarsi su distanze sufficientemente lunghe per acquistare velocità massima, mentre comunemente i suoi spostamenti avvengono su spazi brevi. Indagini relativamente recenti fissano in 70, ripetizioni per partita, le accelerazioni su 5-15 m. compiute da un calciatore. Quindi, sprints brevi con altissime frequenze di decelerazioni, variazioni di direzione ed arresti improvvisi, sono esercitazioni da non tralasciare in quanto stimolano al massimo il sistema neuro-muscolare.

Resistenza: normalmente caratterizza la capacità dell'organismo di sostenere uno sforzo per un lungo periodo. Ovviamente, la possibilità di protrarre il lavoro è inversamente proporzionale all'intensità dello sforzo stesso. L'abilità di poter lavorare più intensamente e più a lungo prima di incorrere nei limiti della fatica, deriva sia dalle particolari caratteristiche dell'atleta, sia da un lavoro continuo, razionalmente condotto. Di solito, si utilizzano mezzi d'allenamento analoghi a quelli in uso in atletica leggera: corse con variazioni di distanze e d'intensità, ripetute, progressivi e prove intervallate. Le distanze corse ad alta intensità e coperte con tempi inferiori al minuto, stimolano prevalentemente i "meccanismi anaerobici". I lavori ripetuti e protratti su distanze intorno ai 1000 metri, promuovono l'incremento dei processi metabolici ossidativi (miglioramento del massimo consumo di ossigeno).

Controllo e valutazione fisica

Durante l'anno agonistico, si rendono necessari alcuni "controlli" periodici ("test") per informare l'allenatore ed il calciatore stesso, sul suo stato di forma e sull'evolversi del processo d'allenamento. Per la valutazione delle capacità di "forza specifica" è ormai d'uso comune l'utilizzazione della batteria di test del Prof. Bosco, che prevede l'uso di una pedana speciale capace di consentire la misurazione elettronica della potenza muscolare sviluppata dagli arti inferiori. Per le potenzialità di lavoro aerobico, a volte è utilizzato il test di soglia anaerobica, basato sul rapporto esistente tra la velocità della corsa e la frequenza cardiaca. Il test è indicativo ed esige una "sensibilità ritmica" della corsa che, normalmente, i calciatori non possiedono perché assolutamente "aspecifica" nel calcio. Più usato e, relativamente, di più facile esecuzione (quindi attendibile) è il test di Cooper, consistente in una corsa continua della durata di 12 minuti su un percorso misurato; i soggetti sono valutati in base alla distanza percorsa nei 12 minuti.


Fonte: benessere.com



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